L'invasione dell'Ukraina è iniziata a Kabul
Il 31 agosto è stato completato il ritiro delle truppe USA dall'aeroporto di Kabul: il ritiro dall'Afghanistan, un avvenimento simbolico che ancora oggi in pochi riescono a inquadrare nel suo concreto valore e significato.
Quel giorno è iniziata l'invasione dell'Ucraina.
Non c'è stata nessuna sottovalutazione da parte di Biden, è stato un atto crudo e crudele, ma un atto politico conseguente a scelte di politica estera ampliamente prevedibile (anche se nel mondo reale sembrano averlo perfettamente previsto solo i talebani).
Gli Stati Uniti si sono stufati di fare da ombrello protettivo a un'europa imbelle e priva di identità?
Gli Stati Uniti non hanno la forza di tenere in piedi due fronti uno in Occidente e uno con la Cina?
Il terreno di confronto si è per necessità spostato da quello ideologico a quello economico Usa vs Cina?
Discussione interessante, senza dubbio, ma al momento, a invasione armata in corso, di poca incidenza concreta.
Il riposizionamento internazionale degli Usa ha lasciato il re nudo, l'Europa si è improvvisamente scoperta debole e attaccabile, frammentata ben oltre l'apparenza e conseguentemente imbelle a fronte dell'annunciata aggressione delle truppe russe.
Un adolescente abbandonato dal padre.
Putin non è un pazzo, uomo cresciuto nei servizi segreti agisce seguendo una rigida logica militare, con la forza di un'idea imperialista alle spalle. Di fronte si trova un assemblaggio di posizioni e interessi talvolta conflittuali, talvolta contrastanti, comunque privi di un'idea unificatrice.
E questo è una fotografia, un'analisi che va al di là di qualsiasi tifo o valutazione sul significato e il valore delle idee in campo.
Non ci sono comunisti contrapposti ad atlantisti.
E, soprattutto, non sarebbe il caso di smettere di usare categorizzazioni assolutistiche che fanno riferimento a ideologie superate dalla storia e dai fatti? Il novecento è oramai alle spalle, rassegnatevi.
Putin, comunque finisca, ha perso militarmente, le sue armate han dato prova di un'approssimazione militare incredibile, forse dovuta alla catena di comando, forse dovuta all'errata valutazione di penetrabilità della resistenza ucraina, ma, nonostante questo, ha già vinto politicamente.
Che poi questa sia una vittoria di Pirro ce lo potrà dire solo la storia.
I fatti sono che oggi l'Europa non è in grado di stabilire una linea rossa oltre cui l'oligarca russo non possa andare, e dunque la linea del crimine si spinge sempre più avanti, sulla pelle della gente ucraina.
Se le cose rimangono così, e non si vede come potrebbero cambiare, sarà solo Putin a poter decidere se e quando terminare la guerra.
Concludo con due aspetti che mi amareggiano: da un lato l'iniziativa degli amici radicali italiani per l'incriminazione di Valdimir Putin al Tribunale internazionale dell'Aja, laddove la Russia non ha ratificato il trattato di costituzione della Corte. Questo significa che l'articolo 15 bis del trattato su cui si fonda la Corte internazionale dell'Aia, con il quale si intende tutelare gli Stati che non fanno parte dello Statuto, richiederebbe per l'avvio di un procedimento riguardante il crimine di aggressione, il consenso dello Stato aggressore stesso.
Azione quindi del tutto simbolica, quasi un autoriprodurre iniziativa politica precedente in assenza di nuovi impulsi.
Dall'altro mi sorprende, temo e mi ferisce l'assoluta mancanza di memoria storica delle generazioni correnti, giovani che oggi lamentano l'eredità lasciata loro da noi boomers a seguito della paura per la guerra sulla soglia di casa: generazioni che hanno assistito imbelli alla guerra in Jugoslavia, alla pulizia etnica del massacro di Srebrenica.
Un solo quarto di secolo ha già cancellato la memoria di tutto.
Foto Jan Chipchase | CC BY-SA 3.0