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Giorgia Meloni asfalta Conte

'Giorgia Meloni asfalta Conte' è circolato nell'aria e in rete a partire dal pomeriggio del 21 aprile. Il solito rigurgito fascista che fa da corollario alle uscite della leader di Fratelli d'Italia (e per favore, smettiamola di chiamarla pesciarola, carciofaia  etc, quasi lo svolgere quei mestieri fosse necessariamente prova di volgarità, ignoranza e maleducazione), la solita pletora di account meccanizzati nei confini della Bestia?
No, molte persone insospettabili di simpatie parafasciste, dalla giornalista Gaia Tortora a esponenti minori della sinistra impegnata, a singoli cittadini del circuito #facciamorete.

E in chissà quante chat o gruppi privati di discussione!

Un accadimento molto significativo e di facile spiegazione.

Chi, in tutta onestà -a parte 'lebimbedigiuseppeconte', oltre 370 mila follower su Instagram, migliaia di hashtag su Twitter e Facebook...- può oggi difendere l'operato di un premier (e del suo governo) impalpabile?

La dura presa di posizione sul Mes che somiglia sempre più al No Tav dell'epoca in cui Conte e Movimento 5 stelle erano salviniani, duri e puri di facciata ma di fatto accondiscendenti?
La politica di riapertura, la cosiddetta fase 2, completamente assente e comunque totalmente delegata a coordinatori, task force e comitati vari?
O forse i pochi provvedimenti economici attuati tutti con esisti disastrosi?
Stendiamo un velo di silenzio pietoso su come l'Inps di Tridico ha gestito e gestisce le indennità e sul clamoroso esito di diffusione dei dati personali sensibili,..
Vogliamo parlare della Cassa integrazione in deroga? Sindacati e consulenti del lavoro concordi nel definirla 'Procedure farraginose, e le banche non danno l'anticipo'. Conseguentemente altri lavoratori, altre famiglie al limite della sopravvivenza.
E il Decreto Liquidità che a detta di molti sembra più una manovra a carico delle imprese che dello Stato?
E i buoni spesa affidati ai Comuni spesso intrappolati o bloccati per «problemi burocratici»?

Un disastro, indifendibile.

Per non parlare delle ipotizzate incostituzionalità della parte sanzionatoria dei DPCM, o della sgrammaticatura costituzionale della comunicazione e delle sedi della stessa.

E la marginalizzazione del Parlamento, che anche quando viene chiamato a riunirsi non ha modo di votare ed esprimersi.

Sembra un disegno precostituito per portare consenso alle destre, ma per fortuna (ed è agghiacciante doverlo dire in questa situazione) la prova di inettitudine e irresponsabilità data dai governi locali del nord Italia concorre ad annullare questa spinta.

Difficile in questo quadro immaginare chi possa prendere le parti del premier Conte, bimbe  a parte naturalmente.

E facile per la Meloni che sa annusare le contraddizioni politiche degli avversari insinuarsi con argomentazioni che, volenti o nolenti, sono condivisibilissime.

I prossimi mesi rischiano di peggiorare ulteriormente la situazione, con il sud del paese che dovrà subire un quasi azzeramento dell'economia derivante dal turismo e il nord che presumibilmente dovrà fare i conti con la seconda ondata autunnale Covid.

La sensazione è che stiamo correndo velocemente verso una nuova 'epoca Monti': l'Italia non può sopravvivere all'europa del nord essendo rappresentato da un premier inconsistente e da un ministro degli esteri inesistente...

Tutti i poteri, forti o meno, hanno bisogno di esser rappresentati.
Tutte le controparti, amiche o meno, necessitano di un interlocutore credibile.
Tutta la politica, o meglio partitocrazia, è incapace -e soprattutto non ha la volontà- di gestire una situazione indubbiamente eccezionale e difficilissima.

Ecco perché tutto sembra unitariamente convergere verso un governo tecnico forte, adatto a ripetere la manovra susseguente alla crisi finanziaria del 2007, liberando le forze politiche dal lavoro sporco.

Pronti a ricominciare subito dopo con il gioco dello scaricabarile in un paese senza memoria pronto a cambiare idea sul nulla.