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blablabla

A pochi giorni dal termine di Cop26 2021, dove è stato raggiunto un accordo al ribasso sul carbone, sale alto e univoco il grido di dolore riguardo l'occasione persa dall'umanità per interrompere la spirale autodistruttiva del pianeta.
Eppure anche la scienza sul tema ha approcci diversi, non sempre coincidenti. Ad esempio il prof. Antonino Zichichi, tempo addietro, prese posizione contro l'attuale allarmismo sui cambiamenti climatici auspicando che la nostra ragione prendesse il sopravvento sull'emozione.
Secondo il professore l'inquinamento da noi prodotto influisce solo per il 5% sul clima, mentre il rimanente 95% è determinato dal Sole (dati che emergono dal confronto tra l'attività solare ed il clima terrestre negli ultimi 1150 anni).
Forse bisognerebbe semplicemente ragionare su scale temporali meno limitate e meno parametrate alla durata della vita umana, tornando a parlare delle glaciazioni, della scomparsa dei dinosauri, di quanto sappiamo e non sappiamo degli avvenimenti millenari...

Ma poco importa, supponiamo che il mondo accademico trovi un punto di equilibrio, e ammesso e non concesso che sia davvero tutta colpa nostra (inteso come esseri umani) supponiamo che si debba agire, hic et nunc.

Davvero qualcuno può credere che il problema sia semplicemente la decarbonizzazione?

Se è legittimo che i movimenti eleggano degli obiettivi simbolo, questi non sono che una minima parte di una proposta politica complessiva.
Appartengo a una generazione che ha sognato, senza limiti, che ha affermato critica politica, che ha proposto e tentato modelli di organizzazione politico sociale alternativi, magari sbagliano tanto, ma sempre tutto sulla propria pelle. Molto ci sarebbe da discutere su tutto quanto accaduto, ma non è questa né la sede né l'intenzione.

Per quanto la nostra critica fosse radicale è sempre stata azione che accompagnava la proposta di un nuovo modello.

La green revolution, o transizione ecologica, non è nulla di tutto ciò.

Appare essere un'operazione senza respiro politico, nei fatti è semplicemente il modo in cui il sistema economico capitalista si trasforma e si ricicla, si autoriproduce con nuove vesti.

È la rivoluzione industriale di questo secolo, cambia parzialmente il modello produttivo ma non gli equilibri sociali pregressi.

Nell'uso dell'energia elettrica di per sé non vi è nulla di 'verde', non vi è nulla di più ecologico, non c'è rispetto dell'ambiente, della fauna, della vita umana.
Stiamo -consapevolmente o meno- solo spostando il 'cestino dei rifiuti'. Delocalizzazione a 360 gradi, della produzione e dei suoi 'danni collaterali'.
Sia si tratti di energia derivante dall'atomo (che senza ipocrisia è uno dei versanti della transizione ecologica, come dimostrano le scelte francesi di questi giorni), o derivante dall'eolico (fortemente impattante sull'equilibrio faunistico aviario) o dal fotovoltaico con tutte le problematiche dello stoccaggio.

I centri delle nostre città -forse- godranno di aria più respirabile ma intanto da qualche altra parte del mondo bambini con le mani sottili saranno sempre più utilizzati per lo scavo delle terre rare necessarie alla produzione di accumulatori e dispositivi digitali: produrremo -forse- meno CO2 andando a scaricare  da qualche parte batterie esauste e rifiuti digitali.

Ancora oggi il costo ecologico di un'auto elettrica, ottenuto unendo quello di produzione a quello di gestione, diventa 'conveniente' solo a patto di una certa percorrenza kilometrica annua e di una lunga durata del mezzo.

E nessuno, soprattutto tra i paladini del green, ha mai pubblicamente affrontato la tematica dello smaltimento.
Perché la convenienza ambientale non può non calcolare la dismissione del veicolo o del pannello fotovoltaico o delle pale eoliche o delle scorie nucleari.

Ma parliamo delle decisioni prese da Coop26.
Si voleva e si pensava facile fissare un termine ravvicinato entro cui abbandonare l'uso dei combustibili fossili.
Tralasciando un piccolo particolare... da decenni esistono nazioni che hanno trainato la produzione industriale attraverso l'uso di combustibili fossili, sfruttando mano d'opera nei/dei paesi del terzo mondo, man mano delocalizzando la produzione più sporca e di basso livello nei paesi più poveri dell'oriente.
Noi occidentali abbiamo per decenni inquinato e sfruttato, uomini e risorse naturali, deforestando a casa loro, mandando nelle miniere i loro bambini, utilizzando i loro giovani per i lavori più infami, ed oggi qualcuno ha il coraggio di dire 'scusate, c'è troppo inquinamento, ora basta usare questi combustibili, riconvertite le vostre economie e le vostre fabbriche'.

Proprio quando indiani e cinesi hanno acquisito il know how per produrre in proprio e dunque produrre 'ricchezza' finalmente non per conto terzi?

Ma come si poteva credere a questa favoletta?
Il dubbio è che il bla bla bla non sia di chi legittimamente difende i propri interessi...
Proporre obiettivi senza strategia, senza visione di insieme, senza rendersi conto del livello di complicatezza e intersezione di piani non esercita un blablabla ancor più pericoloso?
Legittimo che l'analisi non sia compito degli adolescenti, ma tutto il ceto politico piattamente schierato sul green deal cosa dice? Sarebbe gradito anche il parere di Fedez a questo punto!!!

La vera azione sul clima non può prescindere dall'azione sulle diseguaglianze, non è morale, non è etico e -al di là di ogni considerazione- semplicemente non può funzionare.

Ammesso e non concesso che ciò che sta accadendo alla Terra sia principalmente colpa dell'essere umano.

Sempre  ammesso e non concesso che...