GPA, dalle certezze, ai dubbi, al ragionamento, percorso ad ostacoli per un pensare libero
Utero in affitto, maternità surrogata, gestazione per altri, lo scontro ideologico (e talvolta morale) si avvia già nella definizione, due parole che inchiodano, fanno tremare il cervello, presuppongono e predelineano lo scenario che il soggetto da ai diversi punti di vista, facendogli vedere solo ciò che vuole scorgere.
Perché, come sempre, alla fin fine il problema è in noi.
All'inizio di questo dibattito -emerso a sproposito durante le accese discussioni scaturite dalla legge sulle unioni civili in merito alla step child adoption- anche io ho commesso l'errore di partire dall'esperienza personale, dal ragionare intorno a quel punto della mia vita in cui ho scientemente scelto il principio 'avere un figlio non è un diritto'.
In quel momento, portato dalla certezza delle mie ragioni, ho fatto di una mia scelta morale una scelta da imporre come giusta, come eticamente corretta, a tutti.
Poi ho letto, tanto, ho esaminato altri punti di vista, ho cercato di capire, e -soprattutto- ho cercato di astrarmi. Perché al di la di come la pensiamo nel merito, la politica deve scegliere strade che separino morale e diritto, le leggi devono garantire la libertà individuale impedendo e limitando, per quanto umanamente possibile, danni a terzi.
Proibire oltre che inutile è dannoso, incoraggia solo le forme di sfruttamento tendenti alla produzione di ricchezza, crea mercati clandestini.
Al contrario legalizzare significa sempre regolamentare.
Essere a favore della normazione della GPA non significa esser a favore della stessa: così come esser a favore di leggi di regolamentazione dell'eutanasia, dell'aborto, liberalizzazione delle droghe, del divorzio, non è stato, non è e non sarà esser a favore della pratica di ognuno di questi comportamenti.
Il progresso della scienza ci mette sempre più frequentemente di fronte a scelte diffcili, ci costringe a ragionare su orizzonti impensabili, scappare, vietare, negare non è un'operazione rivoluzionaria, anzi.
Senza leggi la GPA viene già praticata in molte parti del mondo, e più è clandestina più intervengono i fattori di sfruttamento derivanti dall'indigenza economica. Se vogliamo difendere realmente la libertà di scelta, se vogliamo che la GPA non divenga un ulteriore forma di sfruttamento della donna non possiamo scappare, nasconderci.
Nelle sue enormi differenze esiste a mio avviso un terribile parallelismo con la questione aborto.
L'aborto è una sconfitta necessaria, nessuna donna può vivere un aborto con serenità, spessissimo le cause di quella scelta sono derivanti da cause economiche, e là dove manca lo stato l'aborto diventa occasione di sfruttamento, economico e non solo.
Legalizzare, normare, difendere il diritto è stato ed è necessario, ieri come oggi.
Ciascuno di noi compie le proprie scelte in base a miriadi di valori, motivazioni, casualità, incroci umorali e temporali: non è compito dello stato, della politica e della società giudicarle. Uno stato laico in primis deve essere garante della libertà dei diritti civili, e ciò che non è giusto per me deve poter essere una libera scelta per altri.
Ultima -ma non ultima- considerazione: finché questi argomenti vengono affrontati come scontro di genere, donne contro uomini, femministe contro maschilisti, eterosessuali contro omosessuali non faremo mai, e poi mai, un passo avanti, la subcultura dello sfruttamento si combatte e si vince con/vincendo, ovvero vincendo insieme!